Una passione come quella per la cucina può diventare ben più di un semplice hobby e trasformarsi in una professione a tempo pieno, capace di regalare molte soddisfazioni (personali ed economiche). In che modo? Si può decidere di avviare un’attività nella ristorazione oppure pensare di trasmettere le proprie conoscenze alla prossima generazione di cuochi: oggi vogliamo parlare proprio di come fare ad aprire una scuola di cucina, fornendo le principali indicazioni relative agli investimenti necessari e alle modalità di programmazione dei corsi, in modo da ottenere nel modo più semplice il successo!
Come trasformare la passione per la cucina in una professione?
Aprire una scuola di cucina è, ad oggi, un’idea imprenditoriale molto promettente: a dispetto della crisi, infatti, la passione per il cibo non subisce freni e sono sempre più le persone che vorrebbero apprendere i segreti che stanno dietro alla preparazione di piatti elaborati o appartenenti alle tradizioni locali di una determinata regione. Se si possiede un discreto grado di conoscenze in materia e, soprattutto, si è disposti a trasmetterle agli altri attraverso un metodo, è possibile trasformare la passione verso questo mondo in un’attività ricca di soddisfazioni.
Negli anni più recenti, l’interesse verso la cucina è andato sempre più crescendo: lo testimoniano i tantissimi programmi televisivi dedicati e gli ottimi successi delle trasmissioni in cui chef più o meno famosi forniscono vere e proprie lezioni ai telespettatori o si cimentano in competizioni di altissimo profilo, preparando piatti articolati e gustosissimi. Ecco perché, se si tratta di valutare il “rischio” legato all’apertura di una simile attività, non c’è da preoccuparsi della possibilità di non riuscire a trovare un “pubblico”: una scuola di cucina sarà una vera e propria calamita per tantissimi appassionati o persone alle prime armi che intendono migliorarsi.
Ma in che modo aprire una scuola di cucina? Partiamo dal presupposto che, sebbene gli chef più rinomati siano uomini, non c’è alcuna distinzione rispetto al gentil sesso: si tratta, dunque, di un’attività alla portata di chiunque. Naturalmente, sarà necessario prendere in considerazione alcuni aspetti fondamentali: la burocrazia legata ai vari permessi e autorizzazioni amministrative, nonché gli investimenti iniziali, che saranno inevitabilmente abbastanza alti, considerati gli arredi e le attrezzature necessarie. Tuttavia, questi ostacoli potranno essere facilmente superati, non solo a fronte dei guadagni interessanti, ma anche seguendo i nostri 5 consigli fondamentali che affrontano, appunto, tutti gli step necessari per aprire una scuola di cucina.
Gli aspetti burocratici
Il primo passo per aprire una scuola di cucina è quello di informarsi presso le autorità competenti in materia per il rilascio delle autorizzazioni igienico-sanitarie e gli altri presupposti per l’avvio dell’attività. I due interlocutori principali in questa fase saranno l’Asl e la Camera di Commercio territorialmente competenti.
Normalmente, la Camera di Commercio può rilasciare l’autorizzazione all’apertura della ditta individuale o della società (nel caso in cui si voglia condividere con altri l’attività) a soggetti che dispongono di un diploma alberghiero o di altro titolo equivalente; sarà poi necessario attestare la frequenza di un corso per la somministrazione di cibi e bevande. Sussistendo questi presupposti, sarà possibile aprire la partita IVA e, dunque, regolarizzare la propria attività.
Per quanto concerne le norme igienico-sanitarie, occorre informarsi presso l’Asl e verificare che i locali prescelti siano coerenti con le regole di pulizia e salubrità prescritte: queste ultime possono essere consultate accedendo, presso gli uffici dell’Asl o sul sito internet della stessa, al cd. HACCP, ossia il manuale di igiene. Completati i lavori nel rispetto delle predette norme, sarà necessario procedere ad un’ispezione da parte di un incaricato dell’Asl, che potrà o meno confermare il rilascio dell’autorizzazione.
Gli investimenti iniziali
Contemporaneamente all’avvio delle pratiche burocratiche (e, forse, anche prima di queste ultime), sarà necessario procurarsi il denaro necessario alle prime spese: infatti, aprire una scuola di cucina richiede ingenti investimenti, sia per l’avvio stesso dell’attività che per poter far fronte al periodo iniziale.
Sotto questo profilo, le voci principali da tenere in considerazione sono:
– l’acquisto di cucine con postazioni individuali da riservare agli iscritti e ai docenti;
– gli utensili;
– l’acquisto o l’affitto dei locali, con contestuali interventi di ristrutturazione, messa a norma, arredo e così via;
– il pagamento degli stipendi per gli eventuali professionisti, dipendenti e collaboratori (docenti, personale interno, ospiti di prestigio);
– l’acquisto delle materie prime necessarie ai corsi;
– spese di allaccio e consumi delle utenze (gas, telefono, acqua, elettricità, rifiuti)
– tasse e altre spese per segreteria, pubblicità e burocrazia.
A fronte di tali esborsi, il cui ammontare effettivo dipende da diverse variabili e, per questo, non può essere esattamente determinato a priori, è però possibile aspettarsi già in breve tempo degli ottimi guadagni: se, infatti, si riuscirà a gestire la scuola nel migliore dei modi, offrendo corsi efficienti e prestigiosi, il ritorno dall’investimento non tarderà ad arrivare.
Inoltre, in alcuni casi è possibile riuscire a far fronte alle somme richieste per avviare l’attività ricorrendo ai prestiti agevolati proposti da enti pubblici locali e nazionali, come i fondi Invitalia e quelli europei, oppure al tradizionale canale bancario: in ogni caso, è bene informarsi prima, compiendo un’analitica indagine di mercato per comprendere le effettive condizioni dell’operazione e scegliere il finanziamento più vantaggioso.
La scelta dei collaboratori
Un ulteriore aspetto fondamentale su cui concentrarsi quando si vuole aprire una scuola di cucina è quello di selezionare attentamente i propri collaboratori. Probabilmente, questa necessità non si presenterà immediatamente: per avviare questa attività, infatti, basta l’impegno di poche persone. Se il titolare o i titolari possono impegnarsi in prima persona, allora potranno far fronte direttamente alla gestione dei corsi e ai vari adempimenti amministrativi. In questo modo, al più potrà essere necessario affidarsi a qualche dipendente per i servizi di segreteria e per quello delle pulizie.
Tuttavia, nell’ipotesi in cui il titolare non possa gestire personalmente tutti i corsi o quando il numero di iscritti è troppo ampio per essere seguito da un’unica persona, sorge naturalmente la necessità di delegare parte delle lezioni ad uno o più docenti; talvolta, inoltre, può essere opportuno scegliere dei docenti esterni per effettuare corsi specifici da integrare nel programma ordinario.
In tutti questi casi, è necessario scegliere adeguatamente il personale: se si tratta di docenti, questi devono possedere qualifiche professionali di alto livello e, naturalmente, delle capacità relazionali e didattiche tali da offrire il miglior insegnamento possibile, così da coinvolgere i partecipanti alle lezioni. Lo stesso dicasi, naturalmente, anche per gli altri dipendenti: tutto il personale, in base alla grandezza della scuola e al numero di corsi attivati, dovrà essere disponibile in numero sufficiente e offrire le migliori garanzie di professionalità.
Quali corsi offrire?
Oltre agli aspetti di carattere organizzativo in senso stretto, il segreto del successo di una scuola di cucina sta senz’altro nella corretta organizzazione e pianificazione delle lezioni. Stiamo parlando esclusivamente della gestione di un calendario ordinato dei corsi, che tenga conto dei diversi tipi di utenti e dei vari livelli di difficoltà che si vogliono raggiungere.
Dunque, un buon modo di pianificare i corsi di cucina è quello di suddividerli in base al target e al livello di difficoltà. Per il primo aspetto, si potranno offrire, ad esempio:
– corsi di livello specialistico e di alta formazione per coloro che lavorano o intendono lavorare nel campo della ristorazione;
– corsi di specializzazione per chef o cuochi, normalmente tenuti da chef importanti, e finalizzati ad approfondire alcune categorie di preparazioni o di alimenti o tematiche particolari;
– corsi generici per principianti;
– corsi a tema per appassionati.
Oltre a ciò, i corsi di cucina devono essere suddivisi a seconda della difficoltà delle lezioni. Qui si possono distinguere più livelli:
– base, in cui si affrontano le nozioni elementari per quanti hanno una scarsa esperienza con il settore, sia sui prodotti che nella conoscenza delle tecniche, degli strumenti e dei segreti principali per la preparazione dei piatti;
– intermedio, lezioni dedicate ad appassionati che però possiedono una buona padronanza della materia, volte dunque ad approfondire le modalità di preparazione per ricette più complesse;
– alto, in cui si affronta la preparazione di piatti elaborati e molto raffinati o la conoscenza in ordine agli ingredienti meno abituali, nonché elementi relativi alla decorazione dei piatti da portata;
– specialistico, dedicati alla formazione degli chef e dei cuochi di elevato profilo, che intendono fare della cucina una vera e propria professione.
Infine, ai corsi principali è possibile affiancare, secondo disponibilità, corsi mirati per specifici temi, come ad esempio quelli volti a preparare antipasti, primi piatti, secondi, pasticceria; oppure corsi volti a far conoscere le ricette tipiche di una certa area o la cucina internazionale, o altri tipi di cucine particolari, come quella vegana, e così via.
I servizi accessori
Per concludere, un modo molto efficace per rendere più originale la scuola di cucina e per attirare un numero sempre maggiore di clienti, è quello di offrire anche servizi accessori ai semplici corsi. Tra questi ci possono essere:
– gare di cucina fra gli iscritti, con l’assegnazione di premi che possono consistere in una lezione speciale con uno chef o in un buono per conoscere un certo tipo di cucina, e così via;
– lezioni e corsi dedicati a bambini, stranieri oppure individuali;
– consulenza per operatori del servizio della ristorazione;
– lezioni presso le scuole alberghiere;
– incontri, conferenze e lezioni speciali con chef;
– eventi gastronomici a tema, partecipazione a sagre e fiere di settore;
– vendita di manuali, utensili o elettrodomestici.